Capitolo 2 – Dalle sbarre ai listelli
Beh sì, caro lettore, son certo che tu abbia intuito che io, della verticale, niente conoscevo, e certamente niente conosco tuttora. Vivevo di sogni, piccole e rare informazioni al quale riuscivo ad accedere non senza poca fatica.
Senza guide com’ero, privo di fratelli maggiori che tracciano il cammino da seguire, svincolato da qualsiasi logica quotidiana, tutto era una scoperta e mi sentivo un esploratore.
Forse i Grimpè, quelli esperti, vedevano delle lunghe ed eterne filosofie dietro quei perfetti gesti ginnici, ma io, immerso forse in un gran fiume di semplicità, vedevo solo un piccolo gioco, dove, corpo e pareti tendono a venirsi incontro per dar a ognuno dei due la possibilità di esprimersi.
Sì, forse era il fuoco che ardeva dentro, forse la mancanza di guide verticali nella mia vita, non saprei, ma stai tranquillo… adesso, non mi manca il tempo per riflettere.
Qui, seduto, se vuoi continuare ad ascoltare, io continuerò a parlare.
Ripartiamo quindi. Dicevo che il fuoco, dunque, pareva scemare. Ma con essa, non scendeva certo l’ambizione. L’irrefrenabile voglia di metter mano a quelle rocce così estreme, questo, amico mio, continuava a non far demordere la speranza, la consapevolezza che, un giorno, mi sarei trovato lì, spalla a spalla coi i Grimpè di punta di quegli anni, sotto quei passaggi mozzafiato, che avevano accompagnato continuamente le mie notti.
Dovevo accelerare. Diedi un taglio alle mie arrampicate mattutine in cambio del doppio turno in fabbrica. La sera, avevo moltiplicato le sessioni di allenamento sui listelli, convinto che poco sarebbe mancato al cambiamento. Al suo arrivo, di certo, non mi sarei mai fatto trovare impreparato.
Ma, ahimè, un cattolico forse direbbe che le vie del signore sono infinite, un Grimpè che non ci son le condizioni giuste, ma insomma, amico mio, qualcosa mi remò contro, fin forse a farmi crollare.
Bando alle ciance, non perdiamoci ancora una volta, dai un’occhiata alle prossime righe, ma non far sì che per leggere tali banalità, tu debba rinunciare alla sacrosanta sessione sui listelli.
Io sono immobile, resterò qui, quindi, rispetta le priorità.
Erano circa le 10.43 di un martedì mattina, quando, seduto inerme sulla mia postazione di lavoro, la giovane segretaria, assunta da circa un mese, mi rivolse improvvisamente la parola.
Prima ancora di decifrare i suoni da lei emessi, un forte stupore mi avvolse.
L’incredulità che qualcuno sapesse il mio nome, che qualcuno si rivolgesse a me. Fu questo che mi fece posare immediatamente occhio su di lei. Mi disse di interrompere i miei momentanei lavori e di dirigermi immediatamente nell’ufficio del direttore.
Con una forte agitazione mi alzai, con voce rauca la ringraziai e mi diressi in modo schivo verso il l’ufficio. Ciò che avvenne lì dentro, in non più di sette minuti, fu il mio licenziamento per cattiva condotta e furto all’interno del magazzino.
Forse mi ero scordato di accennarvi, tra le varie righe, che l’azienda per la quale lavoravo produceva sì, mascherine da lavoro, le quali poi, però, finivano tra le mani degli operai, che qualche piano più in basso, si occupavano del riciclo del legno.
Sarò quindi sincero, anche se penso sia facile intuire dove presi i listelli per realizzare i miei progressi da Grimpè.
E niente, lasciai in ordine l’ufficio, la fabbrica, e la via, che per anni e anni aveva riempito pomeriggi o intere giornate. Certo, era un semplice mezzo per arrivar al mio fine, ma adesso, senza lavoro, quei passaggi sembravano lontanissimi, quella irrefrenabile voglia di fuga, sembrava svanire.
Tornai a casa, mi sedetti in cucina, contai centesimo dopo centesimo i risparmi, ma niente.
E adesso, pensai, cosa fare?
Se arrivassi al fine prestabilito con troppi anni sulle spalle e poca fame nella pancia? Tante domande e nessuna certezza di voler udir risposte. Ma all’improvviso, d’un tratto, mentre ero lì, posai lo sguardo su quella foto, che per anni aveva segnato il mio modesto, se non inutile, percorso da Grimpè.
Essa ritraeva un famosissimo atleta dell’epoca nel mezzo di un passaggio estremo da lui risolto anni indietro.
Forse, non ho bisogno né di soldi, né di fama, pensai. Se era vero che quel che cercavo era tra le note di quei movimenti, dovevo scoprirlo.
E lì, dunque, ebbi quell’idea.
Vista adesso, a cuor aperto, l’innocenza dell’epoca mi ha forse portato in labirinti di errori e sciocchezze, ma io mai, allora, e ancora adesso, capii appieno questi labirinti e se davvero siano tanto folli come dicono.
Continua il 11/10/2021 su : https://www.wildclimb.it/2021/09/09/il-curioso-caso-…o-737-capitolo-3/