Capitolo 3 – Spogliarla per poi rivestirla
Ecco, caro lettore, siamo arrivati al dunque, al primo misfatto. Subito dopo al pensiero, spettava all’azione: compier ciò che solo la sera prima avevo immaginato di poter realizzare.
Certo, a essere sinceri, se mi avessero detto, che tutto quello che a me pareva innocente e ambizioso, mi avrebbe portato a raccontarlo chiuso qui dentro, beh sì, quel giorno, non avrei mai timbrato il biglietto, né del primo treno, né della corriera successiva, non avrei stimolato le gambe, né nella pedalata iniziale, né nella camminata finale.
Se lo avessi saputo, mai, avrei avuto il coraggio di impostar la sveglia.
O forse sì?
Ma fermo lì, mi sto ancora una volta perdendo in futili chiacchiere da bar. Troppo tardi, immagino, per chiederti scusa. Qui dentro, capita di rado che qualcuno ti domandi qualcosa, e quando questo succede, la palla va colta al balzo. Le parole, dalle più inutili, alle più sagge, sono un’ottima mossa per far scorrer più veloce quelle maledette lancette.
Riprendiamo, adesso ricordo, anche se, ad esser sinceri, non ho mai dimenticato. Quel giorno, arrivai nel bosco circa alle ore 10.47.
Per una volta, quella tremenda odissea, si rivelò molto più piacevole, non che prima non lo fosse, certo, ma adesso, niente più orari da rispettare, niente più uffici da raggiungere.
Nella mia mano sinistra, stretta stretta, la foto di quell’incredibile passaggio su quella splendida parete.
Girai al terzo albero a destra, da lì, una forte salita verso quel grandioso fungo, dove anni addietro mi ero cimentato in qualche piccola e modesta impresa.
Ok, la forma l’avevo trovata, abbastanza similare, forse, un po’ più pendente, però, devi perdonarmi, non potevo certo elemosinare sui piccoli dettagli.
Una continua alternanza di sguardi, dalla foto, alla parete e di nuovo alla foto.
Salii in cima dal retro, buttai giù quattro corde, una per ogni lato del fungo. Da quel momento, una nuova emozione mi catturò per quattro giorni. Un giorno per ogni lato. Levai ogni possibilità di ancoraggio prensile, sino a spogliarlo interamente, quasi sino all’osso.
Beh, sì, ne buttai di mascherine nel vano tentativo di difendermi gola e polmoni, ma quelle, fortunatamente, mai venivano a mancare.
Bene, adesso, all’alba del quinto giorno, facendomi strada tra i vari detriti precipitati a terra nei giorni precedenti, arrivai sul versante del fungo che più si prestava a questo, forse vano, tentativo di riproduzione.
Ah, dimenticavo, chiedo scusa, qualche sera prima, in modo furbesco e sfrontato, mi diressi nel laboratorio sottostante al mio ex-ufficio. Ero molto a corto di attrezzi, quindi, presi in prestito due set di scalpelli da legno: due a punta fine e due a punta larga. Le mascherine le possedevo già come premio di liquidazione dalla settimana precedente.
Dunque, gli attrezzi non mancavano. Le mani che li guidavano erano a tratti incerte, ma presi coraggio, fissai intensamente la foto, e cominciai e crear la parte bassa della parete.
Ogni ancoraggio prensile mi richiedeva un tempo che andava dai diciassette minuti alle due ore e ventuno minuti. Impiegai circa quattordici giorni per venirne a capo, ma ebbi una difficoltà.
La foto in mio possesso non ritraeva interamente la parete, era stata scattata dal fronte. E lì, un dilemma mi avvolse. Un enigma: fermarmi lì, senza dover per forza eccedere, o tentar io la conclusione a libera interpretazione.
Pensai a lungo, un’intera notte, seguita da sei ore e quarantasette minuti. Alla fine, presi una decisione che definirei: “pacifica”.
Fermar la linea creerebbe confusione, mi dissi. Metter del mio, no, non è giusto metter propria firma su un quadro altrui.
Decisi dunque di riproporre i primi movimenti alla base della parete, sin dove essi avrebbero trovato cima. Sì, un po’ strano dirai, ma sembrò, in quel momento, la scelta più saggia, e forse di saggio c’era qualcosa.
E poi, chissà, era carina l’idea di traslare un percorso da Grimpè. Da una parte del mondo – l’originale – in un verso, da un’altra parte – la replica – stesso verso ma con un piccolo girotondo.
Credo che, in preda ad un sano delirio, potremmo anche trovarci un giusto quantitativo di insana filosofia. Incomprensibile, a detta di chi giudica e di chi giura. Ma caro mio, questo fu quel che venne definito il primo episodio.
Ah, sì, chiaramente, poi ci furono i vari tentativi di pura ginnastica verticale. Immerso in quei fantastici passaggi, dove finalmente il mio corpo vibrava in una infinita scoperta fisica, tra tensione ed emozione, nel poter finalmente giocar tra quelle piccole liste e quei docili buchi, mi sentii finalmente libero.
Ma dai, non ti annoierò più con questi racconti. Già troppo tempo ti ho rubato, e ancora un po’ te ne dovrò rubare se vuoi sapere la fine. Quindi, saltiamo questi piccoli e trascurabili dettagli.
Continua il 18/10/2021 su : https://www.wildclimb.it/2021/09/09/il-curioso-caso-…o-737-capitolo-4/