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Allenatori: Alessandro Marrocchi

da | Lug 29, 2022 | news | 0 commenti

 

Alessandro Marrocchi

Alessandro Marrocchi

È andato in scena a metà Luglio il “Campionato Italiano Giovanile 2022” lead, boulder e speed. Palcoscenico: Arco di Trento. L’arrampicata sportiva è uno sport che ha visto aumentare i suoi praticanti in modo esponenziale. Capita spesso che le figure storiche del recente passato “agonistico” siano oggi i punti di riferimento di giovani atleti che crescono sotto l’occhio attento di “Allenatori” che si sono formati ai tempi delle mille trazioni e dei programmi di allenamento “fai-da-te”.

WildClimb ha proposto sette domande ai preparatori di questi giovani ragazzi. L’intento è quello di sondare e saggiare la qualità dell’ambiente nel quale le giovani leve stanno mettendo radici, Sette domande generali che partendo dallo “storico” di ogni allenatore, arrivano all’aspetto politico e al ruolo che dovrebbe ricoprire un’azienda per supportare al meglio questo settore sportivo.

La parola passa quindi ad Alessandro Marrocchi, allenatore dell’ AS Climbing Side di Roma.

Ciao Alessandro, come e perché si finisce per diventare allenatori.

La mia attività di allenatore è la conseguenza di scelte fatte giorno dopo giorno, allenarmi, competere, approfondire studi di scienze motorie ed osteopatia, progettare e realizzare tre palestre. Mi piace allenare perché mi piace condividere il progetto che mi lega agli atleti.

Ci si mette in gioco per insegnare ai giovani… quanto conta l’esperienza personale pregressa e quanto conta il reinvestimento sulle nuove teorie che non avete avuto modo di sperimentare personalmente su voi stessi.

Le esperienze personali pregresse sono la base di ogni sviluppo dell’insegnamento ed aiutano a veicolare nel modo migliore le informazioni che  giornalmente si vivono sul campo di allenamento. Non vedo all’orizzonte nuove teorie, i pochi libri sfogliati ed il poco che ho letto su internet mi sembrano un copia ed incolla confuso di “sentito dire” spesso privo di sostanza. Come si insegna e come si allena in Arrampicata Sportiva ancora non è stato scritto. Come per tutti gli sport non esiste un unico  metodo, ma ogni metodo per essere ritenuto valido e condivisibile deve prendere forma da solide basi empiriche messe immediatamente a confronto con le conoscenze scientifiche 

Simone Belardinelli (Under 16)

Parlaci della tua realtà, del tuo gruppo e del contesto nel quale vi inserite.

La Climbing Side è una piccola realtà da sempre  impegnata in un’unica direzione: costruire atleti lavorando giorno dopo giorno per renderli più completi possibili. Purtroppo a Roma e nel Lazio non abbiamo strutture Lead ed anche nella Speed siamo messi male, anche le falesie non ci aiutano molto essendo tutte distanti almeno un’ora e mezza dalla città. Malgrado questo alla Climbing Side si sono formati atleti come Laura, Chiara, Matteo, Rebecca, Elena, Simone, Evaluna, atleti di livello nazionale ed internazionale. Nel 2021 ai Campionati Italiani Giovanili abbiamo vinto il titolo nazionale a squadre under 14/12/10, un risultato semplicemente incredibile mettendolo a confronto con le grandi palestre del nord.

Attualmente, o nel vostro immediato passato: hai qualche nome da indicare per il futuro?

Alla Climbing Side ci sono tanti campioni italiani giovanili, il loro futuro dipenderà da quanto i genitori investiranno sul loro allenamento, investimento che coinvolge non solo impegni economici ma soprattutto volontà e sacrifici giornalieri. L’unico atleta di cui ero certo per il futuro è stata Laura, non tanto per le sue doti fisiche ma per la motivazione con cui ha seguito gli allenamenti nei 12 anni in cui abbiamo lavorato assieme, una forza di volontà incrollabile.

Elena Brunetti (under16)

Rebecca Belardinelli (Under 14)

Che impatto ha sul mondo dell’arrampicata l’effetto delle palestre o delle scuole come la tua? Alludo al mondo dei gruppi sportivi che prima o poi si riversa nelle falesie outdoor

Sicuramente positivo. Gli atleti nella maggior parte dei casi sono cresciuti coltivando rispetto verso l’attività sportiva praticata e quindi verso gli altri, questo rispetto possono riversarlo in falesia insegnando molto a tanti amatori che imprecano per mezz’ora se falliscono un 7b.

Se per magia ti trovassi seduto in una commissione parlamentare con il compito di rinnovare le leggi che oggi regolano il mondo “arrampicata”… in quale direzione andresti? quali figure a tuo modo di vedere mancano nel panorama italiano.

La domanda richiede una risposta articolata, cercherò di essere sintetico. Purtroppo la legge che regola l’attività in falesia è stata scritta dal padre di una guida alpina e con questa legge le guide hanno regolamentato un terreno che non è di loro competenza, ne da un punto di vista storico, ne didattico, ne tecnico. Le falesie sono state attrezzate nella maggior parte dei casi da amatori che hanno investito personalmente tempo e soldi, se oggi possiamo arrampicare nelle falesie di tutto il mondo è merito esclusivo dei chiodatori, Le guide non hanno contribuito in alcun modo allo sviluppo di questa attività outdoor. Da un punto di vista didattico le guide non hanno svolto alcun tipo di formazione che possa realmente qualificarli come insegnanti di una attività sportiva, questo vale sia per la falesia ma anche per le strutture indoor. Da un punto di vista tecnico e quindi di sicurezza, è molto più probabile che un qualsiasi arrampicatore con una esperienza di migliaia di moschettonaggi e migliaia di cadute, sappia valutare un possibile pericolo meglio di una guida che abitualmente porta dei clienti in ambiente alpino. Personalmente ho stima del lavoro delle guide alpine e ritengo il corso guida uno dei corsi di formazione più qualificanti dell’intero panorama nazionale, ma questo non legittima le guide ad appropriarsi di un terreno che non gli appartiene. La “regolamentazione” a tutti i costi purtroppo in Italia ha sempre ricondotto a logiche di spartizione dove il business ha avuto sempre la meglio sui contenuti. Se da un punto di vista normativo si sentiva la necessità di regolamentare l’attività di insegnamento remunerato in falesia, l’Agai e la Fasi avrebbero dovuto formare congiuntamente delle figure mettendo ognuna a disposizione le sue competenze. Questo purtroppo non è avvenuto per due motivi: da un lato le guide hanno intravisto la possibilità di allargare la loro fetta di mercato a prescindere dalle loro reali competenze, dall’altro la Fasi non ha mai prodotto dei corsi di formazione validi che mettessero in campo tecnici qualificati in grado di dialogare da un punto di vista tecnico ed istituzionale.

Infine, che ruolo e cosa può fare un’azienda del settore per supportare  un gruppo sportivo senza essere invadente?

WildClimb si è sempre dimostrata una azienda molto attenta alla attività agonistica, soprattutto quella giovanile, Mauro (Marcolin, boss di WildClimb [n.d.r..]) è un imprenditore serio ed allo stesso tempo umanamente molto disponibile, chi mi conosce sa che non faccio mai complimenti per “piaceria”. In questo momento a livello nazionale manca un collante che tenga insieme le varie realtà sul territorio, dopo 35 anni di attività all’interno della Federazione posso solo rassegnarmi davanti a dei limiti che si devono ormai definire endemici, basta ricordare il modo in cui la Federazione ha trattato un percorso virtuoso come quello che ha portato Laura ad essere la campionessa che è, percorso non solo mai valorizzato dalla Federazione, ma anzi osteggiato in prossimità delle Olimpiadi. In Italia purtroppo mancano figure che facciano da collante nel mondo agonistico, tutto è lasciato al caso ed alle capacità dei singoli, forse una azienda potrebbe organizzare degli stage dove allenatori ed atleti si possano confrontare e scambiare degli stimoli costruttivi.

Grazie Alessandro!

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