Alessandro Boulos ai blocchi di partenza
Tre presenze in Coppa del Mondo, Villars, Chamonix ed Edimburgo, 5° ad Arco nei Campionati Italiani e 7° ai Campionati Europei di Monaco.
“Speed Climber” veneziano, Alessandro Boulos è nato nel 1994 e inizia ad arrampicare sin da bambino sui mobili di casa, sui muri di Venezia e, come un piccolo Barone Rampante, sugli alberi del giardino delle scuole elementari. All’età di 8 anni, probabilmente per disperazione, i suoi genitori lo iscrivono alla palestra di Sant’Alvise di Venezia. Qualche mese dopo inizia a gareggiare nella categoria under 10 delle discipline lead e boulder.
Corda e materasso sono quindi le prime esperienze di questo atleta che nel tempo si specializzerà nella velocità.
Come poi, partendo da questi blocchi di partenza si finisca a fare la “speed” su una “pista omologata” è affare ben strano, ma fortunatamente la risposta a questo quesito la possiamo trovare nelle parole di Alessandro in questo botta e risposta (anch’esso) speed.

Alessandro Boulos
E allora chiedo: «Alessandro, perché la speed?»
«Questa è una domanda alla quale faccio fatica a dare una risposta, anche perché questa mia scelta è stata alquanto inusuale. La scelta della speed l’ho compiuta infatti poco più di 4 anni fa, quando mi trasferii fuori regione per iniziare l’università e nella nuova palestra dove andavo avevano un muro da speed omologato. Iniziai così a far speed per un unico motivo: avevo sempre desiderato un muro omologato, poiché, sebbene facessi tutte e 3 le discipline, la speed era quella che non potevo allenare dal momento che nella mia regione non c’era nessuna via omologata ed andare alle gare completamente impreparato mi ha sempre pesato molto. Quando 4 anni fa mi sono ritrovato con il muro davanti, mi è tornato il rammarico di non aver mai potuto testarmi davvero in questa disciplina e così, ho iniziato ad allenarmi. All’inizio fu solo un test per capire se ne fossi ancora capace e poi, grazie ai piccoli successi ottenuti durante la prima stagione di gare, ho preso la decisione di continuare.
«Insomma, da zero a cento. in 4 anni sei passato dal non aver mai testato il tracciato ufficiale al saperlo a memoria. Ti capita di sognare la sequenza del tracciato di gara?»
«Ammetto che mi è successo qualche volta, anche se la maggior parte delle volte che mi capita non è piacevole. Quando mi succede mi ritrovo ad affrontare con il pensiero le gare passate che sono andate male, come se avessi la possibilità di una seconda “chance” ma poi all’atto di salire mi ritrovo incapacitato di arrampicare come vorrei. Altre volte, invece, mi capita solo di osservare la via, magari perché sono ad un allenamento o ad una gara ma senza però scalare e spesso in questi sogni il tracciato è diverso, ovvero non tutte le prese sono posizionate come sulla via ufficiale»
«C’è un movimento in particolare che non hai mai digerito fino in fondo?»
«La partenza, quella sequenza che viene chiamata “Tomoa Skip”. I maggiori errori li commetto in quei movimenti. È un passaggio molto tecnico che se non eseguito bene fa salire considerevolmente il margine di errore».
«Suppongo quindi che il “Tomoa Skip” venga spesso a trovarti travestito da incubo. Invece, a rovescio, c’è una sequenza che consideri il tuo “pezzo forte”?»
«Credo sia la sequenza che segue subito dopo la partenza, ovvero dal 6° appiglio sino alla 13° esima presa, anche se, paradossalmente, mi vengono bene solo con una buona partenza, perché è quella che mi dà ritmo e fluidità per i movimenti successivi».

Alessandro Boulos
«Cambiamo argomento: come ti alleni a livello forza?»
«Principalmente pesi. Durante la off-season di solito carico un po’ con esercizi come lo squat, dip, trazioni e stacchi. Ho provato anche a fare due stagioni – le ultime due – quasi solo a corpo libero o comunque con poco carico, soprattutto per evitare di non salire troppo di peso. Quest’anno ho deciso di ritornare a metter su un po’ di forza nella off-season con dei piccoli richiami durante la stagione».
«Power is nothing without control, recita un vecchio slogan: come ti alleni a livello coordinativo per controllare tutti i watt che eroghi?»
«Esattamente, infatti per questo dovrei appunto lavorare di più sulla coordinazione, poiché a livello coordinativo in realtà non ho ancora seguito degli allenamenti ben precisi, se non durante il riscaldamento prima di allenarmi sulla via e, comunque, sulla via stessa. Normalmente quello che faccio sono delle piccole serie di andature (per esempio lo skip e le sue varianti, giusto per intenderci) e poi delle ripetute lente sulla via, in modo non solo da memorizzare al meglio ogni singolo movimento, ma anche per eseguirlo nel modo più corretto, anche se su quest’ultimo aspetto ho iniziato proprio di recente a lavorarci e ho in programma di dedicarci più tempo».
«Lo slogan che ho tirato in ballo era a commento di una foto che immortalava lo sprinter Carl Lewis (il figlio del vento) ai blocchi di partenza con ai piedi un bel tacco 12 rosso… e tu? che tipo di supporto cerchi da una scarpetta? Spinta o sensibilità?»
«Cerco principalmente spinta, buona parte del lavoro in parete è di gambe. Avere una scarpetta capace di restituirti un buon feedback a livello di rimbalzo ad ogni appoggio è essenziale. Anche la sensibilità però non è da trascurare, molti appoggi sono in aderenza e se le scarpette non sono in grado di restituire un buon feedback a livello di sensibilità diventa più difficile dosare la spinta».

Alessandro Boulos in volo
«Ti capita mai di pensare: sarebbe ora di cambiare il percorso!»
«Beh, devo ammettere di sì. Ormai è da parecchio che c’è questa via e negli anni si son viste e riviste cambiare sequenze da tutti gli atleti, non a caso soprattutto negli ultimi tempi, le sequenze son diventate quasi standardizzate. Diciamo che prima o poi è da cambiare, non solo perché sarebbe più bello per noi atleti “ricominciare” con una nuova via, ma anche perché con l’abbassarsi dei tempi e l’adozione di sequenze sempre più “pericolose” per togliere qualche centesimo, il margine di errore si è alzato considerevolmente».
«ti passa qualcosa per la mente prima di partire: qualche immagine, un rito, una auto-raccomandazione?»
«Dipende dalla situazione, se sono in gara o in allenamento. Diciamo che non si dovrebbe pensare a nulla prima di partire, specialmente in gara. Quando sono in gara e son ben concentrato non mi passa niente per la testa, riesco a svuotarla completamente. Purtroppo, però non sempre è così, basta un minimo pensiero prima di partire e la percentuale di errore sale di molto… cosa che purtroppo mi è successa più volte nella scorsa stagione. In allenamento, invece, è diverso, può essere che prima di alcune vie penso sì a qualcosa, per lo più auto-raccomandazioni, cose come del tipo “cerca di stare più dritto”, “non spingere troppo quel piede ecc.” ».
«Ultima domanda prima del “top”. Ammesso di riuscire a fare “il vuoto dentro”, riaffiora un pensiero prima di spingere il pulsante che blocca il cronometro?»
«Eh… questo si ricollega benissimo alla domanda precedente, io personalmente penso troppo prima di premere il pulsante. Normalmente mi passa un “dai che faccio un buon tempo”, se la salita è stata particolarmente veloce, oppure “uffi” se la salita è stata lenta. In gara invece dovrebbe essere “vietato” pensare prima di premere il bottone, se si aspira a un buon tempo. Mi è successo più volte di scivolare mentre premevo il “top” proprio per questo motivo: mi son deconcentrato e son finito giù… sulla corda che ti riporta a terra».

Alessandro Boulos torna a terra
Foto: Davide Terenzi – OutThere Collective