– Hai sentito quel rumore?
– L’urlo mentre cade o il tintinnio metallico?
-No, riascolta bene…
Non senti tutto il non pensare, il mal-fare, il cattivo esempio che cede di schianto e finisce a terra?
Ascolta bene…
Non è un moschettone che si spezza. No! … è la comodità dei:
-lascio dei ruderi come fissi perché ho sempre poco tempo e faccio “prima”…
-cavoli di chi prova il tiro… se uno vuole “se li cambia” i miei fissi…
-perché devo usare “roba buona” che poi la usano tutti?
Non senti il rumore dell’imprevedibile virtù dell’ignoranza?
I moschettoni bloccati e nastrati come nessuno consiglia di fare?… Diventano pretesto per fare uno spot commerciale…
Boh, cosa ti devo dire… io ci sento anche il silenzio di tutta una comunicazione che indica come normale un terreno di gioco fatto di fissi marci e spezzoni di corda scoloriti che finiscono ritratti nelle pagine dei giornali o nelle foto dei testimonial di questo sport. Racconti di giovani che si preparano con dedizione per risolvere il loro “masterpiece” e poi si fanno ritrarre con le scarpe nuove e lucide ai piedi e la corda passata in ferraglia che testimonia anche di un’altra dedizione… (incuria, taccagneria… o quel che ti pare).
Sento tutto il rumore degli esempi dati dai video. No, non parlo del vociare disperato del climber e dell’assicuratore. Parlo delle protezioni saltate in nome del “meno_mi_proteggo_meno_mi_ghiso”.
Sento l’assenza di un pensiero in grado di tenere a mente il punto d’origine che rende possibile il nostro sport: la possibilità di riprovare.
La conseguenza è l’abitare malamente questo nostro “ambiente” verticale.
Inevitabilmente si costruisce per come si abita e se la sicurezza si risolve nel rimpiazzare il moschettone rotto con uno di una marca diversa…
Stiamo costruendo un “Mostro” e lo si capisce dai commenti che seguono la testimonianza di Woods sui vari “social”.
Quel suono metallico è il rumore dell’urgenza di una sana autocritica radicale.
Andrea